Scuole paritarie: il ‘Cura Italia’ le dimentica e si rischia il collasso
- di Paolo Maci*
Non è servita la mobilitazione trasversale in Parlamento per dare un segnale alle scuole paritarie: con la conversione in legge del Decreto n. 17 del 2020, il cosiddetto Cura Italia è stata trovata la cura per tutto, ma non per quel paziente moribondo che, con i suoi 180.000 tra docenti e operatori scolastici e le sue 12.000 sedi distribuite su tutto il territorio, rischia di chiudere battenti a causa della crisi più violenta dopo la seconda guerra mondiale.
Un errore di calcolo, una evidente miopia politica, fondata – probabilmente – su una interpretazione restrittiva e ormai vetusta dell’art. 33 Cost.
Eppure, dopo la legge 62 del 2000 sulla parità scolastica, le scuole paritarie – nate da una realtà – quella delle scuole cattoliche – che preesisteva al sistema di istruzione statale, sono entrate a pieno titolo nel sistema nazionale di istruzione e ne rappresentano una parte importante. Senza la quale l’intero sistema rischia di collassare. Una scelta miope, soprattutto alla luce del fatto che si fa strada, anche tra il personale politico, l’idea che potrebbero usarsi le strutture delle scuole paritarie ed i servizi che offrono sia per consentire di ospitare i più piccoli durante i mesi estivi, quando i genitori che cominceranno a lavorare dopo il varo delle misure meno restrittive legate alla “fase 2” non sapranno dove lasciare i propri figli, sia con la ripresa di settembre, in occasione della quale gli ambienti – in alcuni casi sottoutilizzati – che ospitano le scuole paritarie potrebbero essere adibiti ad accogliere una parte degli alunni che frequentano le scuole statali, sì da garantire loro di usufruire delle lezioni “in presenza” in spazi idonei e con i dovuti distanziamenti.
Ma senza alcun tipo di intervento concreto, come dice il Consiglio Permanente della Cei, e come rilanciano la presidente dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi) Madre Yvonne Reungoat e il presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) Padre Luigi Gaetani, entro settembre “il 30% delle scuole pubbliche paritarie sarà destinato a chiudere”.
Per questo, ora, è arrivato il momento di non rifugiarsi dietro agli alibi di una distinzione tra scuola pubblica e scuola privata che con la natura e la funzione delle scuole paritarie ha poco a che fare: non è possibile poter ritenere ancora, soprattutto in questo periodo e per i mesi che verranno, che le scuole paritarie, che sono una componente essenziale del sistema pubblico di istruzione, ancorchè non siano statali, possano reggersi unicamente sul pagamento delle rette – che per ovvie ragioni almeno da aprile i genitori non pagano più – e continuare a sopravvivere.
Anche a non voler ricorrere, come in questo particolarissimo frangente sarebbe consentito, a misure eccezionali, come quella della previsione di un fondo straordinario per sopperire all’emergenza, la soluzione potrebbe essere trovata proprio all’interno dell’ordinamento stesso, con l’incremento del fondo da assegnare alle famiglie previsto dall’art. 9 della legge 62 del 2000, con un intervento diretto delle Regioni a garanzia del diritto allo studio pure previsto dalla legge 62 del 2000 o la previsione della detraibilità totale delle rette pagate dalle famiglie per garantire la frequenza alle scuole paritarie.
C’è ancora la possibilità di intervenire con il prossimo decreto legge legato alla Fase 2 a attualmente allo studio del Governo. Sarebbe una scelta di giustizia sociale, oltre che di buon senso: sostenere le scuole paritarie permetterebbe non solo di salvare tanti posti di lavoro, ma, come dicono ancora i Vescovi Italiani, di evitare un ulteriore aggravio “di alcuni miliardi di euro all’anno sul bilancio della collettività” e quello costituito dalla mancanza di servizi con cui supplirne l’assenza.
*Professore a contratto di Legislazione Scolastica. Università telematica Pegaso. paolo-maci@pegaso.it
(pubblicato su Portalecce.it il 30.04.2020)